Additiva o sottrattiva?

La tridimensionalità offre nuove prospettive nel mondo della comunicazione visiva e non solo. Ma quale scegliere? Stampa 3D e lavorazione polistirene a confronto

Published on 2020-12-31

Negli ultimi anni abbiamo visto una affermazione sempre più importante di soluzioni di riproduzione tridimensionale, un po’ in tutti i settori. Sicuramente un impulso dato dalla diffusione di stampanti 3D a tutti i livelli, primo tra tutti quello di fascia bassa. In pratica, con 150 dollari, oggi è possibile comprare una stampante in grado di realizzare piccoli oggetti e componenti in modo veloce, economico (più o meno) e semplice. Come per ogni cosa, la diffusione di utensili al pubblico comune nasce dall’evoluzione e dalla sperimentazione compiuta da specialisti e operatori specializzati, nonché dall’affinamento di tecnologie e materiali. I primi smartphone erano pesanti, ingombranti e molto costosi, ora sono alla portata di chiunque e offrono prestazioni impensabili solo 10 anni fa. Stessa cosa vale per la stampa 3D. Non si tratta di una tecnologia nuova, sono diverse decine di anni che si sperimentano materiali e metodi di riproduzione (additiva, sottrattiva, laser, UV), ma fino a qualche anno fa erano di appannaggio di grandi specialisti per la realizzazione di oggetti particolari (dalle componenti in carbonio della F1 alla realizzazione di componenti medicali e impiantistiche). L’affinamento della tecnologia permette di abbattere i costi e quindi rendere più approcciabile questa soluzione anche per nuove applicazioni. Ed ecco che i cartelloni pubblicitari nelle nostre città diventano tridimensionali, nelle vetrine compaiono oggetti in diverse scale che riproducono decorazioni o il prodotto in vendita, negli uffici e nelle abitazioni ci si circonda di oggetti, prodotti e arredi unici e personali.

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Edizione 5.2020
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